STUDIO LEGALE FORNENGO
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Diritto Civile

Condominio - Locazioni - Proprietà e Servitù

Condominio

1) Nel condominio dove abito l'assemblea ha deliberato di installare un ascensore al posto della tromba delle scale; ma può farlo anche se io non sono d'accordo?

 



RISPOSTA: In tema di deliberazioni condominiali, l'installazione dell'ascensore, rientrando fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche, costituisce innovazione che, ai sensi dell'art. 2 legge n. 13 del 1989, è approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall'art. 1136, commi 2 e 3, c.c., ossia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Se l'assemblea condominiale non può deliberare per mancanza di numero, l'assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida ed è approvata se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell'edificio.

Naturalmente, rimane ferma la previsione del comma 3 del citato art. 2 legge n. 13 del 1989, che fa salvo il disposto degli art. 1120, comma 2, e 1121, comma 3, c.c.: in particolare l'art. 1120 co.2 vieta in ogni caso le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino, mentre l'art. 1121 prevede che in caso di innovazione che importi una spesa molto gravosa o che abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata (come ad es: l'ascensore), i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.

Resta comunque salva, ex art. 1121 3° co., la possibilità per i condomini e i loro eredi o aventi causa di poter partecipare, in qualunque tempo, ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.

Di conseguenza, nel caso prospettato, il singolo condomino potrà impugnare la delibera qualora l'installazione dell'ascensore pregiudichi la stabilità stessa dell'edificio, e comunque potrà astenersi dal partecipare alla spesa particolarmente gravosa rinunciando ad usufruire dell'ascensore


 

2) Il mio vicino di pianerottolo ha aperto una seconda porta di accesso al proprio appartamento; ma può farlo?

 



RISPOSTA: Per giurisprudenza costante (v.d. Cassazione civile, sez. II, 10 febbraio 1981, n. 843) i pianerottoli, quali elementi essenziali della scala di accesso ai diversi piani dell'edificio in condominio, sono per presunzione di legge, salvo diverso titolo, in comproprietà fra tutti i condomini.

Pertanto, la loro utilizzazione da parte dei singoli condomini è soggetta alla disciplina propria dell'uso individuale della cosa comune, con la conseguenza che è del tutto legittima la creazione di un secondo ingresso ad un appartamento di proprietà esclusiva, in corrispondenza del pianerottolo antistante, ove non limiti il godimento degli altri condomini e non arrechi pregiudizio all'edificio ed al suo decoro architettonico.

Di conseguenza, nel nostro caso ciò che occorre verificare è se l'apertura della seconda porta impedisca agli altri condomini di usare della cosa comune: se, ad esempio, la seconda porta presenta una struttura tale da limitare o rendere più incomodo agli altri l'accesso al piano, allora in tal caso l'iniziativa del singolo condomino può essere bloccata in quanto lesiva dei diritti che la legge riconosce a tutti i condomini sul bene comune.

 

3) Nel palazzo ove abito c'è un condomino che è proprietario di un cane: questo cane però non solo abbaia tutta la notte ma sporca anche sulle scale; cosa posso fare?

 



RISPOSTA: La giurisprudenza di merito ha avuto modo di precisare che la detenzione di un animale può integrare in astratto la fattispecie di cui all'art. 844 c.c. (che regolamenta le immissionidi fumo o di calore, le esalazioni, i rumori ecc.) in quanto tale norma, interpretata estensivamente, è suscettibile di trovare applicazione in tutte le ipotesi di immissione che provochino una situazione di intollerabilità attuale; pertanto, anche in mancanza di un regolamento condominiale che vieti al singolo condomino di detenere animali nell'immobile di sua esclusiva proprietà, la legittimità di tale detenzione deve essere accertata alla luce dei criteri che presiedono la valutazione della tollerabilità delle immissioni (Tribunale Piacenza, 10 aprile 1990).

Pertanto, se l'abbaiare del cane o le esalazioni all'interno del condominio superano il livello di normale tollerabilità e arrecano effettivamente un pregiudizio alla collettività dei condomini sotto il profilo della quiete o dell'igiene - valutazione, questa, rimessa all'apprezzamento del giudice - lo stesso giudice potrà anche ordinare l'allontanamento dell'animale dall'edificio condominiale, con divieto di farvi ritorno.

 

4) Il condomino che abita al piano sovrastante il mio appartamento continua a stendere i panni fuori dal suo balcone fino a coprire parte del mio balcone: cosa posso fare?

 



RISPOSTA: Il vicino di casa che si ritiene in diritto di stendere biancheria e simili fuori dalla propria finestra senza preoccuparsi se con tale suo comportamento leda i diritti di terzi è un'ipotesi che ricorre con una certa frequenza nei rapporti condominiali e spesso le discussioni iniziali degenerano e trasmigrano nelle aule giudiziarie. Al riguardo si richiama una sentenza di un Giudice di Pace di Napoli, sez. V del 23/02/2005 n. 9868, nella quale è espresso molto chiaramente il principio per cui "costituisce grave disagio, che supera la normale tollerabilità, il comportamento del condomino che sia solito lasciare ad areare ed asciugare fuori dal proprio balcone coperte e lenzuola, per tutta la loro lunghezza, fino a coprire parte del balcone dell'appartamento sottostante, impedendo così che filtri la luce e che passi regolarmente l'aria; a maggior ragione se a tutto ciò si aggiunge il disagio di subire lo stillicidio dei panni stesi, non potendosi ritenere lecita o legittima tale pessima abitudine, che crea disagio al proprietario dell'appartamento sottostante nonché danno all'estetica ed al decoro del fabbricato..."

Tale illecita condotta pertanto va oltre la normale tollerabilità e costituisce immissione molesta, sanzionabile con un'azione tendente a inibire la prosecuzione della condotta illecita e ad assicurare al proprietario dell'appartamento sottostante un equo risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di essa.

Locazioni

1) Ho preso in affitto un appartamento che ho adibito a studio per la mia attività nel dicembre 2002 con un contratto di locazione regolarmente registrato, però già da qualche mese il proprietario mi ha inviato la disdetta per il dicembre 2008 senza neanche dirmi il motivo per cui vuole che lasci l'immobile alla prima scadenza (dopo sei anni). E' regolare questa procedura?

 



RISPOSTA: Per le locazioni di immobile ad uso diverso da quello di abitazione, come nel caso di specie, è tuttora in vigore la disciplina prevista dall'art. 29 della L. 27/07/1978 n. 392, c.d.legge sull'equo canone, in base al quale il locatore può negare la rinnovazione del contratto alla prima scadenza solo ed esclusivamente se ricorre una delle seguenti motivazioni:

a) il locatore deve adibire l'immobile ad abitazionepropria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta.
b) il locatore deve adibire l'immobile all'esercizio proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta di una attività commerciale, industriale o artigianale, o anche di interesse turistico
c) il locatore devedemolire l'immobile per ricostruirlo o procedere alla sua integrale ristrutturazione o restauro oppure eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti.

Si precisa che il locatore, nella disdetta che deve inviare con lettera raccomandata almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza, a seconda del tipo di attività, deve specificare, a pena di nullità, il motivo tra quelli tassativamente indicati per il quale intende negare il rinnovo contrattuale.

Se il locatore non adempie a tale prescrizione, il contratto si intende rinnovato per la stessa durata (sei o, se trattasi di struttura alberghiera, nove anni).

Nel caso in esame, pertanto, la disdetta inviata dal locatore è nulla e inefficace per due ordini di motivi: in primo luogo la disdetta è stata inviata solo qualche mese prima e non un anno prima (12 mesi) e in secondo luogo il locatore nella comunicazione non ha specificato il motivo per cui intende recedere dal contratto alla prima scadenza: di conseguenza il contratto è da ritenersi rinnovato di altri sei anni.

 

2) Ho dato in locazione un appartamento di mia proprietà, però il mio inquilino non mi paga l'affitto: cosa posso fare?

 



RISPOSTA: Il codice di procedura civile agli artt. 657 e segg. prevede, nell'ipotesi in cui il conduttore (inquilino) non paghi il canone di locazione, una procedura sommaria, c.d. intimazione di sfrattoper morosità, che consente al proprietario dell'immobile locato di intimare lo sfratto al conduttore e rientrare in possesso del proprio appartamento in tempi relativamente brevi, trattandosi di un procedimento più snello e più veloce rispetto ad una causa ordinaria.

Infatti, se il conduttore non compare all'udienza davanti al giudice, o, comparendo, non propone opposizione, il giudice convalida lo sfratto e fissa la data entro cui il conduttore moroso dovrà lasciare l'appartamento.

Se il conduttore non adempie spontaneamente entro la data indicata dal giudice, il locatore può iniziare la procedura di sfratto, notificando al conduttore, come atto preliminare, il precetto per rilascio dell'immobile; dopo di che l'Ufficiale giudiziario notificherà al conduttore l'avviso di accesso, indicando il giorno e l'ora in cui egli si recherà in loco per "sfrattare" il conduttore ed immettere nel possesso dell'immobile il proprietario.

Proprietà e Servitù

1) Che cosa è l' usucapione ?

 



RISPOSTA: L'usucapione, o prescrizione acquisitiva, è un modo di "acquisto" dei diritti reali, come la proprietà di un fondo o di un bene mobile oppure una servitù (ad es: di passo) su un terreno.

Infatti i diritti reali (che sono, per opportuna conoscenza, la proprietà, il diritto di usufrutto, di superficie, di servitù, di uso e abitazione e di enfiteusi) possono essere acquisiti in due modi: o mediante un contratto, come una vendita, una donazione, o per testamento, ed in entrambi i casi esiste un atto scritto, oppure per usucapione, per la quale non è necessario avere alcun "pezzo di carta".

Perché si possa dire di aver usucapito un diritto (proprietà o servitù di passo) sono necessari determinati requisiti:

- innanzitutto il possesso del dirittoper almeno venti anni, senza che nessuno abbia mai avanzato sul bene alcuna pretesa o abbia mai contestato il suo possesso;

- in secondo luogo, la convinzione di essere l'effettivo titolare di quel determinato diritto, esercitando sul bene tutti quei poteri e facoltà connessi all'esercizio del diritto stesso.

Ad esempio: nel caso della proprietà di un terreno, chi intende promuovere un'azione di usucapione deve dimostrare di averlo coltivato, o comunque di essersene preso cura in maniera continuativa per almeno venti anni; così pure nel caso di una servitù di passo: chi può dimostrare di essere passato su un determinato fondo per venti anni senza alcuna protesta da parte di alcuno, nella convinzione di esercitare un proprio diritto, ha usucapito quel diritto e pertanto potrà eventualmente agire in giudizio per ottenere un provvedimento del giudice che ne accerti l'esistenza.

 

2) Per anni ho usufruito di un passo su un terreno che ora è stato chiuso: cosa posso fare ?

 



RISPOSTA: Nel caso in cui il proprietario di un terreno, ad un certo punto, ponga una recinzione o altro manufatto che impedisca di fatto ad un terzo di passare su quel terreno (passo che magari esercita da diversi anni) quest'ultimo può ricorrere all'autorità giudiziaria per la tutela del proprio diritto: in via di urgenza, può ricorrere al giudice con l'azione detta di reintegrazione, disciplinata dall'art. 1168 c.c., con la quale chi si vede chiudere un passo può chiedere al giudice che condanni l'altro a rimuovere gli ostacoli in tempi brevi.

Successivamente può agire nei modi ordinari, citando in giudizio la controparte, affinché sia riconosciuto in maniera definitiva il suo diritto a passare su quel terreno, perché l'ha acquisito per contratto, per testamento o anche per usucapione.

 

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